Rule of Law Report 2025 – Lo stato di diritto in Italia è in affanno.
Rule of Law Report 2025 – Lo stato di diritto in Italia è in affanno. A dirlo è l’Europa, e noi lo vediamo ogni giorno.
La Commissione Europea ha pubblicato oggi il Rule of Law Report 2025, che analizza la situazione dello Stato di diritto nei Paesi membri. Il capitolo dedicato all’Italia conferma preoccupazioni già note e testimonia di un sistema istituzionale che fatica a garantire trasparenza, indipendenza e tutele adeguate per i diritti fondamentali. “Come Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD), accogliamo con grande attenzione e preoccupazione le osservazioni contenute nel capitolo italiano del rapporto. Quello che viene riportato non è solo un elenco tecnico di criticità, ma è una fotografia nitida di un paese in cui i contrappesi democratici si stanno indebolendo, e in cui alcune riforme essenziali vengono sistematicamente rimandate”. A dirlo è Laura Liberto, presidente di CILD.
Una giustizia sempre più lenta e diseguale
Nel rapporto, la Commissione sottolinea come l’Italia resti il fanalino di coda in Europa per la digitalizzazione della giustizia penale. Nonostante le raccomandazioni già espresse lo scorso anno, poco o nulla è stato fatto. Ma non si tratta solo di tecnologia: è la lentezza del sistema, la mancanza di accesso e la disparità di trattamento a creare un cortocircuito che mina la fiducia dei cittadini nella giustizia stessa.
Trasparenza, lobbying e conflitti d’interesse: le regole che non arrivano mai
Altro punto dolente riguarda le norme sulla trasparenza politica. In Italia mancano ancora regole vincolanti sui conflitti di interesse, un registro pubblico e operativo del lobbying, e strumenti efficaci per tracciare i finanziamenti a partiti, fondazioni e campagne elettorali. La Commissione lo ripete con forza: senza trasparenza, la democrazia si indebolisce. Eppure, i disegni di legge restano bloccati nei cassetti del Parlamento.
Media sotto pressione, giornalisti senza tutele
Nel 2025, in Italia, un giornalista può ancora essere condannato penalmente per diffamazione. Le fonti non sono protette a sufficienza, e mancano norme che impediscano querele bavaglio (le cosiddette SLAPP) utilizzate per intimidire chi fa informazione. Secondo la Commissione, l’assenza di progressi concreti su questi temi contribuisce a un clima di autocensura e paura che soffoca la libertà di stampa.
Checks and balances: dove sono le garanzie?
A preoccupare è anche l’assenza di una Autorità nazionale per i diritti umani indipendente, conforme ai principi ONU di Parigi. L’Italia resta tra i pochi Paesi dell’UE a non aver istituito questo presidio fondamentale, mentre le riforme costituzionali e istituzionali si muovono in modo opaco, senza un vero dibattito pubblico.
Le raccomandazioni dell’UE: cinque azioni concrete
La Commissione chiede all’Italia di agire, subito. E indica cinque priorità:
- Digitalizzare i tribunali e gli uffici delle procure penali.
- Approvare regole vincolanti su conflitti di interesse e lobbying.
- Istituire un registro elettronico unico per i finanziamenti politici.
- Portare a termine la riforma della diffamazione a mezzo stampa e tutelare le fonti giornalistiche. Creare un’Autorità Nazionale per i Diritti Umani indipendente.
Il contributo di CILD e il lavoro della società civile
Come CILD – Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, partecipiamo ogni anno alla redazione del Rule of Law Report curato dalla Civil Liberties Union for Europe (Liberties), uno shadow report che, pubblicato nel mese di marzo, anticipa molte delle criticità poi riprese dalla Commissione. Un documento realizzato grazie al contributo di 43 ONG europee provenienti da 21 paesi. CILD ha coordinato la stesura del capitolo italiano, coordinando il lavoro degli altri partner: Antigone, A Buon Diritto, StraLi e Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa. Il documento, che rappresenta una vera e propria attività di advocacy a livello internazionale, viene inviato formalmente alla Commissione Europea per segnalare le principali preoccupazioni in materia di diritti umani e Stato di diritto in Italia, nelle diverse aree di intervento della Commissione.
“Non possiamo più permetterci di trattare questi report come semplici adempimenti formali – dichiara Andrea Oleandri, co-direttore esecutivo di CILD. Il rapporto della Commissione e quello di Liberties coincidono in un messaggio chiaro: lo Stato di diritto in Italia è in difficoltà. E senza Stato di diritto, non ci sono diritti garantiti. Per questo come CILD chiediamo un piano concreto per dare seguito alle raccomandazioni UE; regole chiare, trasparenti e vincolanti su lobbying e conflitti d’interesse; Una riforma seria della diffamazione, che protegga la stampa e l’implementazione della direttiva anti-slapp; l’istituzione immediata di un’Autorità nazionale per i diritti umani”.
“Il Rule of Law non è un concetto astratto – sottolinea Laura Liberto, presidente di CILD. È ciò che garantisce che un cittadino non venga discriminato, che un giornalista possa raccontare la verità, che un giudice decida senza pressioni. La democrazia non si difende da sola: serve un impegno condiviso, costante, trasparente. È estremamente preoccupante la recente approvazione del cosiddetto decreto sicurezza – ormai divenuto legge – che colpisce duramente il diritto di protesta e penalizza ulteriormente attivisti, persone migranti e soggetti socialmente marginalizzati. A questo si aggiungono le politiche razziste attuate nei CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) e l’esternalizzazione del controllo delle frontiere, come dimostra l’apertura di centri detentivi per persone migranti in Albania, al di fuori del territorio e delle garanzie giurisdizionali italiane. CILD – conclude la Liberto – continuerà a fare la sua parte, dentro e fuori le istituzioni, affinché lo Stato di diritto non resti solo una formula scritta, ma un principio vivo, concreto e quotidiano”.