Ecco perché il disegno di legge sicurezza è un problema

Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on LinkedInEmail to someone
Print Friendly

Di Marco Biondi

Il 18 settembre il ddl sicurezza presentato pochi mesi fa dal governo Meloni è stato approvato dalla Camera dei Deputati, adesso dovrà essere esaminato al Senato.

All’interno di questo decreto, definito da Antigone  “il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana”, vi è l’introduzione di una trentina tra nuovi reati, aggravanti, sanzioni e ampliamenti di pena, come riporta Carlo Canepa su Pagella Politica. Il 25 settembre si sono tenute davanti al Senato e di fronte alle prefetture di varie città italiane le prime manifestazioni in dissenso verso i provvedimenti contenuti nel Ddl 1660, a cui hanno partecipato i partiti di opposizione e diverse associazioni.

È con misure di welfare comunale e di dialogo sociale, non criminalizzando le persone che un Governo dovrebbe agire di fronte a comportamenti che affondano le proprie radici nella disuguaglianza sociale ed economica, aveva detto il Presidente di Antigone Patrizio Gonnella durante l’audizione sul Ddl 1660 alla Camera dello scorso 17 maggio.

“Le nuove disposizioni che il Governo vorrebbe introdurre appaiono, infatti, impostate ad una logica repressiva, securitaria e concentrazionaria: la sicurezza è declinata solo in termini di proibizioni e punizioni, ignorando che è prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana e dovrebbe essere finalizzata all’uguaglianza delle persone. Il disegno di legge del Governo strumentalizza, invece, le paure delle persone e contravviene ai doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione”, dichiaravano le associazioni ASGI e Antigone nell’introduzione al documento presentato ai parlamentari della Commissione Giustizia e Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.

In seguito all’approvazione della Camera Antigone ha dichiarato, “il Ddl sicurezza contiene un attacco al diritto di protesta come mai accaduto nella storia repubblicana, portando all’introduzione di una serie di nuovi reati con pene draconiane anche laddove le proteste siano pacifiche. Così si colpiranno gli attivisti che protestano per sensibilizzare sul cambiamento climatico, gli studenti che chiederanno condizioni più dignitose per i propri istituti scolastici, lavoratori che protestano contro il proprio licenziamento, persone detenute che in carcere protestano contro il sovraffollamento delle proprie celle. Se consideriamo anche altri provvedimenti contenuti nel disegno di legge, il carcere per le donne incinte e le madri con figli neonati, la stretta sulla cannabis light, il carcere per chi occupa un’abitazione, si vede bene come il governo abbia deciso con questo provvedimento di voler gestire numerose questioni sociali nella maniera più illiberale possibile, cioè reprimendole con l’utilizzo del sistema penale e del carcere anziché aprirsi al dialogo e all’ascolto, intervenendo al contempo con risorse finanziarie per alleviare le problematiche che attanagliano i cittadini, che è ciò che ci si aspetterebbe in una democrazia con un forte stato di diritto.”

Sempre Antigone ha sottolineato come alcune delle nuove misure – si pensi alla rivolta violenta in carcere o ai blocchi stradali – potevano già essere perseguite con reati esistenti.

Il fatto di voler creare nuove fattispecie, ancor prima che una questione penale è una questione culturale: il governo con questo atto legislativo vuole orientare come prioritario l’impegno delle forze dell’ordine sulla repressione delle proteste e delle altre fattispecie previste nel disegno di legge. Vuole segnalare che questi (e non altri) sono “i problemi” del paese, attivisti climatici o lavoratori a rischio licenziamento che bloccano una strada, persone detenute che protestano pacificamente contro le condizioni spesso poco dignitose in cui vivono, affrontandoli con lo strumento penale.

Come ricordato da Forum Droghe, il testo è stato approvato senza nessuna modifica, nonostante  molte voci di  giuristi, esperti, garanti, associazioni ed organizzazioni della società civile, del mondo laico e cattolico, si siano espresse negativamente, motivando con serie ed approfondite argomentazioni la richiesta di ritiro di un testo impossibile da emendare, per i contenuti, e soprattutto per la idea di giustizia che lo informa.

In un articolo su l’Unità del 25 settembre, Leonardo Fiorentini (segretario di Forum Droghe) scrive: “Come si può pensare di generare sicurezza marginalizzando e criminalizzando fenomeni sociali o intere generazioni e spingendo a nascondersi migranti che sino a oggi hanno lavorato, studiato e vissuto onestamente la loro esistenza in Italia? Non si può, ed infatti messi insieme alle norme sulle occupazioni degli immobili, sulle manifestazioni, sulle rivolte in carcere, sull’obbligo di permesso di soggiorno per avere una SIM per cellulare, ma anche sulla stessa cannabis light, delineano quello che sembra essere il vero obiettivo del Governo. Ovvero criminalizzare il dissenso ed aumentare la marginalità, il disagio e la clandestinità: massimizzare il danno ed alzare il livello dello scontro. Una trappola in cui i movimenti democratici non devono cadere.

Per il Naga, “le misure di populismo penale, che hanno la parvenza di voler garantire la pace sociale, sono in realtà, infatti, le armi più scontate e spuntate di un sistema che vive nella minaccia di dover fronteggiare l’esplodere delle proprie contraddizioni nei luoghi e nelle situazioni in cui esse trovano la forza di manifestarsi”.

Lunaria definisce il provvedimento “un ddl dall’impianto crudelmente repressivo, concepito non per renderci più sicuri, ma al contrario per attaccare i diritti delle persone più vulnerabili e criminalizzare ogni forma di dissenso e di opposizione sociale, e aggiunge: “non abbiamo bisogno di più armi in giro né di maggiori sanzioni penali. La nostra idea di sicurezza è quella sociale: più scuole, più case popolari, il freno alle speculazioni immobiliari, rafforzamento del sistema sanitario pubblico e dei servizi di assistenza sociale, progetti educativi, culturali e sociali per prevenire l’esclusione sociale.”

La democrazia illiberale è già qui, commenta ARCI: “Siamo davvero preoccupati per questo accanimento contro chi si oppone agli sfratti e cerca soluzioni abitative per chi non ce la fa, contro le donne rom in carcere con i loro figli che dovrebbero anche partorire in galera, contro chi si oppone con azioni non violente alle condizioni spaventose nelle carceri italiane, contro gli attivisti per il clima che con azioni dimostrative provano a smuovere le coscienze contro il disastro ambientale, contro le persone che si oppongono con picchetti e azioni nonviolente alla costruzione di grandi opere inutili e dannose. Tutto questo avviene in un contesto in cui si assiste a una crescente diffusione di armi nel nostro Paese, con alcune tipologie portate senza licenza dagli agenti di pubblica sicurezza anche fuori servizio, e a un incomprensibile accanimento contro i consumatori di innocua cannabis light.”

Per Rete Lenford, “con questo Ddl il Governo chiede al Parlamento un’involuzione del rapporto fra autorità pubblica e popolazione”, ed esprime forte preoccupazione per l’ampliamento delle ipotesi di  flagranza differita che confligge con le garanzie sancite dall’articolo 13 della nostra Costituzione in tema di libertà personale. “Preoccupa, in particolare, un’evidente riduzione degli spazi destinati al pubblico dissenso e il pericoloso veicolare, nell’opinione pubblica, dell’idea che le manifestazioni di protesta siano un fatto da biasimare”.

Anche per  l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), in un proprio documento di commento al ddl Sicurezza scriveva che “la maggior parte delle disposizioni ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello stato di diritto”.