I nuovi Centri in Albania. Semplicemente costosi e disumani
Di Oiza Q. Obasuyi
Il Ministero dell’Interno ha pubblicato il bando di gara per la gestione dei Centri che verranno costruiti in Albania, come prevede il discutibile Memorandum stipulato dalla presidente Giorgia Meloni e dal suo omologo Edi Rama. Si tratta di una procedura negoziale che si basa sulla selezione di enti gestori idonei a cui viene chiesto di presentare un’offerta entro il 28 marzo, scadenze molto strette se si pensa che il Governo ha intenzione di aprirli entro il 20 maggio. Numerosi sono i dubbi e le implicazioni riguardanti sia le modalità di questo bando di gara sia le conseguenze per le persone migranti, almeno quelle soccorse in mare da navi militari italiane, che verranno deportate in Albania.
Cosa dice il bando: costi e strutture
Le strutture che il Governo punta a costruire sono tre: uno di prima identificazione e screening sanitario (a Shengjin), uno per accertare l’idoneità alla protezione internazionale e un Centro di Permanenza per il Rimpatrio (entrambi a Gajder). Nel sito di Gajder – in cui nelle strutture per ospitare le persone migranti è prevista una capienza di, rispettivamente, 880 posti e 164 posti – è inoltre prevista la disponibilità di 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore; i restanti posti saranno utilizzati dal personale delle altre istituzioni operanti all’interno del Centro.
Il valore dell’appalto, solo per la gestione dei centri – di cui sarà responsabile un unico operatore economico – è di quasi 34 milioni di euro annui, che, come spiega la giornalista Annalisa Camilli su Internazionale, copriranno solo le spese di vitto e alloggio. E ancora: “secondo il Corriere della Sera, l’intera operazione potrebbe costare 635 milioni di euro, senza entrare mai davvero in funzione perché potrebbe essere bloccata dai ricorsi giudiziari”. Ulteriori spese dovranno coprire anche “i servizi di trasporto (spese di carburante, noleggio o acquisto di mezzi), i costi per l’assistenza sanitaria, le utenze, il wi-fi, la manutenzione ordinaria e straordinaria”, scrivono la giornalista Marika Ikonomu e la dottoranda e avvocata Federica Borlizzi su Domani. E ancora: “non sono poi incluse le spese per la sicurezza delle autorità, italiane e albanesi, che non sono note nemmeno per le strutture italiane, né per la costruzione, affidata al genio militare”.
Dubbi di legittimità: le criticità sul Memorandum e sul bando
Come è già stato anticipato da varie associazioni ed esperti legali, il Memorandum presenta non poche. Innanzitutto è necessario evidenziare che dal punto di vista del diritto internazionale, trasportare una persona che si trova già su territorio italiano – le navi militari italiane con cui verrebbero “soccorse” le persone migranti rappresentano suolo e giurisdizione italiani, per l’appunto – si configura come “una sorta di deportazione degli stranieri, vietata dalle norme europee ed internazionali a cui lo stesso Protocollo prevede di conformarsi ed è del tutto estraneo allo spirito e alla lettera delle norme costituzionali”, come spiega l’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’Immigrazione).
Infatti, se la persona soccorsa in acque internazionali che si trova su nave italiana manifesta l’interesse di fare richiesta di asilo a bordo, l’Italia è tenuta a prendere in carico tale richiesta ancor prima di sbarcare in Albania, in quanto trattasi di una sua responsabilità. Questo perché, spiega sempre l’Asgi, “le norme europee quasi sempre prescrivono che il richiedente ha diritto a rimanere nel territorio dello Stato membro per tutta la durata dell’esame della sua domanda, salve le ipotesi di domanda reiterata o di estradizione o mandato di cattura europeo o di consegna alla Corte penale internazionale (art. 9 Direttiva 2013/32/UE, attuato dall’art. 7 d. lgs. N. 25/2008)”. Ricordiamo poi che lo stesso CoE (Consiglio d’Europa) ha specificato che “garantire che l’asilo possa essere richiesto e valutato nei territori degli Stati membri rimane la pietra angolare di un sistema ben funzionante e rispettoso dei diritti umani che fornisca protezione a coloro che ne hanno bisogno. È quindi importante che gli Stati membri continuino a concentrare le proprie energie sul miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dei loro sistemi nazionali di asilo e accoglienza […]”.
Infine, come ha già denunciato Amnesty International, il Memorandum non chiarisce come saranno tutelati i minori e gli altri soggetti ‘vulnerabili’ che non possono essere trattenuti nei centri in Albania. “Il governo ha […] affermato che i soggetti ritenuti vulnerabili resteranno a bordo delle navi, mentre le altre persone verranno sbarcate in Albania, […] ma non è chiaro come e chi svolgerà la verifica delle situazioni di vulnerabilità, considerando anche che per coloro che hanno subito violenze è necessario il coinvolgimento di personale specializzato”.
Per quanto riguarda il bando, come scrivono Ikonomu e Borlizzi, non vi è alcun riferimento specifico né al come verrà garantita la protezione dei diritti fondamentali né alle modalità con cui le persone migranti rinchiuse verranno rese consapevoli dei propri diritti (diritto all’informazione). Inoltre, non vi è alcun riferimento particolare al diritto di difesa della persona che oltre a essere privata della libertà personale, rischia il rimpatrio. “ll business di trattenimento ha infatti trovato una nuova frontiera in Albania, dove i centri – uno sarà di fatto detentivo – saranno gestiti da società, cooperative o multinazionali, come accade per i Cpr italiani. Enti for profit che non hanno alcun fine umanitario e che spesso limitano al massimo i diritti per aumentare il margine di profitto”.
Una Guantanamo italiana
Ci troviamo di fronte all’ennesimo caso di esternalizzazione delle procedure di asilo, di trattenimento e di rimpatrio dove il Governo ha accelerato persino i tempi per consegnare la gestione delle strutture a enti che con ogni probabilità saranno simili a quelli che gestiscono Cpr in Italia, dove il profitto viene prima di qualsiasi diritto umano.
Come Cild, continueremo a batterci per un superamento del sistema di detenzione amministrativa, la quale priva le persone migranti della libertà propria libertà personale per il solo fatto di non possedere un documento di soggiorno, si tratta, in effetti, di una detenzione senza reato. Cpr e centri hotspot come quelli previsti dal Memorandum non rappresentano altro che una visione miope della gestione delle migrazioni per cui non solo la criminalizzazione delle persone migranti è di fatto diventata parola d’ordine, ma impera la totale assenza di lungimiranza per garantire l’accesso al diritto di asilo e alla libertà di movimento.
Foto copertina via Twitter/Melting Pot Europa