Decreto sicurezza bis: il diritto nelle mani dei potenti

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Il 5 agosto 2019 il Senato ha approvato la legge di conversione del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante “Disposizioni urgenti in materia di ordine pubblico e sicurezza” e noto come decreto sicurezza bis, in ragione della sua evidente continuità con il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, c.d. decreto sicurezza e immigrazione.

Numerose le novità introdotte in tema di contrasto all’immigrazione illegale, ordine e sicurezza pubblica (capo I), potenziamento dell’efficacia dell’azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza (capo II), contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive (capo III).

Abbiamo pertanto deciso di aggiornare l’e-book I profili di illegittimità costituzionale del Decreto Salvini (qui la precedente versione) proponendo due approfondimenti sulla nuova legge a firma del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Mauro Palma, e del Presidente dell’Associazione Antigone, nonché componente del direttivo di Cild, Patrizio Gonnella.

Il testo del decreto-legge ha subito numerose modificazioni in sede di discussione alla Camera, mentre al Senato è stata posta la questione di fiducia.

La legge di conversione si compone infatti di ben 27 articoli (a dispetto dei 17 previsti nel decreto-legge) e sono numerose le modifiche dei singoli articoli apportate presso la Camera.

La più rilevante e significativa ha riguardato l’art. 2 del decreto-legge in commento, che integra l’art. 12 del Testo unico immigrazione introducendo una sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione, da parte del comandante di una nave, del divieto di ingresso, transito o sosta nel mare territoriale disposto con provvedimento adottato ai sensi dell’art. 1 del decreto-legge.

La sanzione consiste nel pagamento di una somma da 150 mila a 1 milione di euro (l’importo della sanzione è stato oggetto di modifica nel corso dell’esame presso la Camera: nel testo del decreto la sanzione è da 10 mila a 50 mila euro) e si applica la sanzione accessoria della confisca dell’imbarcazione.

La formulazione originaria del decreto-legge sanziona, unitamente al comandante, anche l’armatore e il proprietario della nave, tenuti tutti a pagare la medesima sanzione amministrativa per la violazione del divieto, notificata agli stessi “ove possibile”. Nel corso dell’esame presso la Camera tale disposizione è stata modificata, trasformando la responsabilità del proprietario dell’imbarcazione e dell’armatore della nave da responsabilità diretta a responsabilità solidale. Rispetto al testo previsto nel decreto-legge n. 53/2019, dunque, la sanzione amministrativa è una sola: responsabile dell’illecito è il comandante della nave, mentre armatore e proprietario del mezzo, come previsto dall’art. 6 della legge n. 689 del 1981, dovranno procedere al pagamento solo se non vi provvede il comandante (potendosi poi rivalere nei confronti dell’autore della violazione).

Rispetto alla formulazione prevista nel decreto-legge, inoltre, la Camera ha soppresso l’obbligo di notifica del divieto di ingresso al comandante della nave, oltre che “ove possibile” ad armatore e proprietario.

Oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria, all’autore della violazione si applica anche la sanzione amministrativa accessoria della confisca dell’imbarcazione utilizzata per commettere la violazione.

Rispetto alla formulazione originaria del decreto-legge, che prevede la sanzione accessoria della confisca della nave e il sequestro cautelare solo in caso di reiterazione della violazione, le modifiche introdotte prevedono l’immediato sequestro – e la conseguente confisca – senza attendere una seconda violazione.

Si segnala altresì l’introduzione dell’art. 3 bis che modifica la disciplina dell’arresto obbligatorio in flagranza di reato per prevederlo anche nei confronti di chiunque sia colto in flagranza di un delitto di resistenza o violenza contro nave da guerra, in base all’art. 1100 del codice della navigazione. A tal proposito si ricorda che, in base all’articolo 1087 del codice della navigazione, l’art. 1100 non si applica alla navigazione interna (acque territoriali), come in più occasioni ricordato dalla Corte di cassazione (cfr. Cass. pen. Sez. VI, 24/06/2003, n. 34028; Cass. pen. Sez. VI, 24/06/2003, n. 34028).

Significative modifiche sono state apportate in sede di conversione in legge anche in tema di Daspo (art. 13), con l’estensione della durata della misura di prevenzione applicabile ai recidivi e a coloro che abbiano violato un precedente Daspo che non potrà essere inferiore a 5 anni né superiore a 10 (in precedenza da 5 a 8 anni, mentre il testo originario del decreto-legge prevede da 6 a 10 anni).

Inoltre, si subordina il provvedimento di riabilitazione, che il destinatario può chiedere trascorsi 3 anni dalla cessazione del divieto, a condotte di ravvedimento operoso consistenti, a seguito delle modifiche approvate alla Camera, alternativamente, nella riparazione dei danni causati mediante risarcimento anche in forma specifica; nella collaborazione con le autorità ai fini dell’individuazione di altri autori o partecipanti ai fatti che hanno determinato il Daspo; nello svolgimento di lavori di pubblica utilità, consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività.

Infine, si segnalano le modifiche apportate all’art. 16 del decreto-legge, con una significativa estensione delle ipotesi di esclusione della particolare tenuità del fatto anche quando si procede per i delitti di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 c.p.), di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341-bis c.p.) commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni.

Qui il testo completo e aggiornato dell’e-book I profili di incostituzionalità del Decreto legge Salvini.

di Gennaro Santoro