Attacchi ai difensori dei diritti umani in Turchia: CILD per Serdar Küni
Avevamo già parlato dell’allarmante situazione dei diritti umani in Turchia e della repressione della minoranza curda e di come abbia raggiunto il culmine in seguito allo scoppio di ostilità nel sud-est turco nel 2015 e al fallito tentativo di golpe nel 2016. La sistematica violazione dei diritti umani non riguarda però soltanto la minoranza curda. Sempre più difensori dei diritti umani, medici, avvocati, giornalisti, e accademici sono infatti soggetti a pressioni da parte del governo turco e vengono accusati arbitrariamente di reati legati al terrorismo. La definizione eccessivamente ampia del terrorismo adottata dalla Turchia consente l’imposizione arbitraria di accuse contro individui sui quali vi sono poche prove di sostegno logistico o materiale al terrorismo.
Nei giorni scorsi CILD ha firmato lo statement del Norwegian Helsinki Committee, impegnandosi così a sostenere il caso del dottor Serdar Küni – e, con lui, tutti i difensori dei diritti umani che operano sotto le pressioni del governo turco.
Il caso di Serdar Küni
Serdar Küni è un medico e difensore dei diritti umani che opera nel distretto Cizre di Şırnak nel sud-est turco ed è stato arrestato il 19 ottobre 2016 con l’accusa di aver fornito cure mediche in un luogo segreto a membri di un’organizzazione terroristica durante gli scontri a Cizre nel 2015 e 2016. Nel 2015 il governo turco aveva infatti inviato migliaia di soldati turchi e forze speciali di polizia nel sud-est per soffocare una rivolta di milizie a favore dell’autonomia curda. Il governo impose decine di coprifuochi su intere città (tra cui Cizre) riducendo l’accesso ad acqua, cibo, elettricità e assistenza sanitaria, anche in situazioni di emergenza. In risposta, alcuni medici che vivono nei quartieri sotto coprifuoco hanno trattato i feriti e malati dalle loro case o comunque al di fuori degli ospedali.
Nel corso di due udienze presso la Corte Penale di Şırnak il 13 marzo e il 24 aprile 2017 è emerso chiaramente che non vi sia alcuna prova a sostegno dell’accusa di assistenza a membri di un’organizzazione terroristica rivolta al Dr. Küni. Stava semplicemente fornendo fornendo cure mediche in conformità con i suoi doveri professionali. Trattare i pazienti, indipendentemente da chi siano, non è un crimine, tanto meno in situazioni di conflitto, poiché i medici sono considerati parti neutrali.
È inoltre emerso dalle dichiarazioni di osservatori internazionali che il processo non è stato conforme agli standard internazionali in materia di equo processo e la natura arbitraria delle accuse contro il Dr. Küni non è stata considerata. Nonostante la mancanza di prove, è stato condannato a quattro anni e due mesi di carcere per aver violato la sezione 220/7 del codice penale turco “assistere le organizzazioni terroristiche”. Il ricorso nel suo caso sarà presto ascoltato dalla Corte Regionale di Gaziantep.
Le modalità con cui è stato condotto un procedimento penale ai danni del Dr. Küni ha implicazioni molto più ampie che potrebbero riguardare l’integrità e i diritti degli operatori sanitari e dei difensori dei diritti umani. Attraverso questo caso, l’accusa cerca infatti di criminalizzare i doveri fondamentali e l’etica della professione medica, che è di per sé un atto di intimidazione e di molestie. La sentenza che criminalizza la buona prassi della professione medica potrebbe dunque stabilire un precedente che riguarda tutte le professioni sanitarie.
Il Norwegian Helsinki Committee si è dunque mobilitato e ha diffuso uno statement – firmato appunto anche da CILD – in supporto del Dr. Küni indirizzato alla Corte Regionale di Gazantiep che ascolterà il ricorso del caso per chiedere:
- che siano rispettati gli standard in materia di equo processo;
- che si garantisca il rispetto delle funzioni professionali dei medici;
- che si ponga fine a tutte le forme di molestie e che sia garantita in ogni circostanza l’integrità fisica e psicologica del Dr. Küni;
- che siano rispettate le disposizioni della dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, in particolare con i suoi articoli 1, 6, paragrafo 9, 11, 12,2.