Explainer: #UNGASS2016 in 4 punti fondamentali

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Tutto quello che dovete sapere su #UNGASS2016 – perché troppo spesso non ce la spacciano giusta

Sta per avere inizio #UNGASS2016, e cioè la tanto attesa Sessione Speciale delle Nazioni Unite dedicata alle politiche sulle droghe.

Con la nostra campagna Non Me La Spacci Giusta ci siamo preparati all’evento con una serie di approfondimenti ad hoc: abbiamo provato a fare i conti degli intollerabili costi della War on Drugs, in generale ma anche concentrandoci sulla tematica specifica (e drammatica) delle esecuzioni capitali; ne abbiamo discusso approfonditamente con due che sull’argomento la sanno lunga, e cioè Steve Rolles (Senior Policy Advisor della fondazione inglese Transform, da anni in prima linea nella battaglia anti-proibizionista) e Annie Machon (ex agente dei servizi segreti britannici diventata whistleblower per denunciarne i crimini, e attualmente direttrice europea LEAP– l’associazione dei tutori dell’ordine contro il proibizionismo); ci siamo tenuti “sul pezzo” con le nostre rassegne stampa su droghe & dintorni.
Con l’inizio ufficiale dei lavori dell’Assemblea Generale ormai a poche ore, vi (ri)proponiamo quindi un explainer essenziale (originariamente pubblicato sul blog NMLSG su Medium Italia).

#UNGASS2016 in 4 punti fondamentali

Che cos’è esattamente #UNGASS2016, e perché questo appuntamento è così tanto importante?
Proviamo a spiegarvelo in 4 punti.

1. Che cos’è una Sessione Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e che c’entrano le droghe?

L’Assemblea Generale, composta dai delegati di tutti i 193 Stati membri, è il principale e più rappresentativo organo istituzionale delle Nazioni Unite: si tratta infatti dell’unico organismo dell’Organizzazione che riunisce tutti i paesi membri allo stesso livello, senza disparità di voti. Evidente dunque l’importanza di questo spazio di confronto democratico e paritario in una realtà, quella delle Nazioni Unite, da sempre afflitta da problemi di rappresentatività.

L’Assemblea svolge le sue sessioni ordinarie annuali da settembre a dicembre; se necessario può però riprendere la sessione oppure indire una sessione speciale o di emergenza su questioni di particolare interesse.
A regolare questa possibilità è la stessa Carta delle Nazioni Unite all’articolo 20, secondo cui il Segretario Generale può — su richiesta del Consiglio di Sicurezza oppure della maggioranza dei membri dell’Organizzazione — indire sessioni speciali di lavoro. Questo è successo in tutto 29 volte nella storia delle Nazioni Unite, ma solo in due occasioni — all’inizio e alla fine degli anni ’90 — la tematica affrontata è stata quella delle politiche sulla droga.

2. La lunga strada verso #UNGASS2016: quali sono stati gli esiti delle prime due Sessioni Speciali sulle droghe e perché ci è voluto così tanto perché ne seguisse una terza?

A UNGASS1990, prima Sessione Speciale a essere dedicata alle sostanze stupefacenti, lo scopo principale era dare impeto all’implementazione della Convenzione ONU contro il traffico illecito di droghe del 1988. A questo fine, l’Assemblea Generale adottò una dichiarazione politica sull’importanza di “proteggere l’umanità dalla piaga dell’abuso e traffico di droghe” e un relativo Piano di Azione Globale in 100 punti da esplicarsi nel corso di dieci anni: il periodo dal 1991 al 2000 viene infatti ribattezzato “il decennio delle Nazioni Unite contro le droghe”.
Soprattutto, l’Assemblea richiese la creazione di un segretariato a Vienna a cui affidare l’implementazione e il monitoraggio dei trattati ONU in materia di droghe: nasceva così la Commissione sulle Sostanze Narcotiche (CND), che diventerà l’organo fondamentale di coordinamento prima del Programma ONU sulle droghe (UNDCP) e poi della sua “evoluzione”, l’Ufficio delle Nazioni Unite sulla droga e il crimine (UNODC).
Un dato a margine, che non si può non menzionare: per quasi vent’anni, dal 1991 al 2010, alla guida di UNDCP/UNODC vi è stata proprio l’Italia — che ne ha infatti nominato i primi tre direttori esecutivi (Giorgio Giacomelli, Pino Arlacchi e Antonio Maria Costa).

Così costruito l’apparato istituzionale dell’Organizzazione dedicato al controllo delle droghe, a UNGASS1998 l’obiettivo principale era il consolidamento di tale struttura. Nessuno spazio per eventuali ripensamenti sull’approccio proibizionista: il motto prescelto dall’allora direttore Pino Arlacchi — poi spinto alle dimissioni nel 2001 proprio a seguito delle forticritiche sul suo approccio e sulla mal gestione dell’agenzia — era infatti “Verso un mondo senza droghe: possiamo farcela!”. Tutte le tematiche più importanti — come la riduzione del danno, la decriminalizzazione e l’opportunità di interventi riformatori sui trattati in materia di droghe — vennero dunque completamente escluse dall’agenda dei lavori (peraltro, in maniera non dissimile a quanto sta avvenendo ora — come vedremo meglio più sotto).

In altre parole? Ancora prima che la Sessione Speciale avesse inizio, era già chiaro a tutti che non sarebbe stata quella la sede per un ripensamento dell’approccio alla problematica delle droghe (“UNGASS1998? Solo un’opportunità perduta”). Questo, peraltro, nonostante il primissimo Rapporto ONU sulle droghe — pubblicato proprio a ridosso dell’inizio della Sessione Speciale— avesse già dedicato un intero capitolo alla discussione della possibilità di legalizzare le droghe e regolamentare il relativo mercato, alla luce della constatazione che “le risorse spese per la guerra alle droghe sono state chiaramente mal gestite”.
Ancora una volta, i lavori dell’Assemblea si conclusero con l’adozione di una dichiarazione politica e un piano d’azione— che, tra le altre cose, imponevano l’ambizioso obiettivo di eliminare o ridurre significativamente le coltivazioni di oppio, coca e cannabis entro il 2009 (dando così nuovo slancio in molti paesi produttori a interventi aggressivi di eradicazione forzata delle coltivazioni manu militari).

Le crepe nel sistema ONU erano però già evidenti e le continue e insistenti ingerenze degli Stati Uniti nelle relative politiche dell’Organizzazione cominciavano a essere mal tollerate dagli altri Stati e dalla stessa opinione pubblica: è così che il cosiddetto “consenso viennese” ha iniziato incrinarsi, affermandosi progressivamente una presa di coscienza del fallimento delle politiche adottate — reso ancora più evidente dal mancato conseguimento degli obiettivi decennali fissati per il 2008 — e la richiesta di un nuovo approccio basato sulla riduzione del danno.
Il tutto emerse in maniera inconfutabile dalla dichiarazione politica adottata al relativo meeting ONU del 2009, tenutosi nella cornice dell’annuale conferenza della CND: un gruppo di paesi (tra cui Germania, Regno Unito, Spagna e Portogallo) sottoscrivono infatti una importante riserva a tale documento, nella quale si riafferma la volontà di applicare strategie di riduzione del danno. È “la fine dell’unanimismo proibizionista”.
Prima crepe e incrinature, poi un vero e proprio fallimento sistemico: nel dicembre 2012 l’inadeguatezza del contesto legale e istituzionale in materia di stupefacenti è infine diventata tanto evidente che l’Assemblea Generale ONU — su richiesta di Messico, Colombia e Guatemala (paesi che sono stati letteralmente devastati dalla guerra alle droghe) — ha deciso di anticipare di tre anni la successiva Sessione Speciale dedicata all’argomento, che era invece originariamente prevista per il 2019.
E, così, arriviamo finalmente alla vigilia di #UNGASS2016.

3. Perché #UNGASS2016 è tanto importante?

Sono passati quasi vent’anni dall’ultima volta che tutti i membri delle Nazioni Unite si sono trovati insieme in una stanza a parlare di droghe, e allora — come accennavamo poc’anzi — le cose non sono andate proprio benissimo.
L’ultima presa di posizione dell’Assemblea Generale in materia di droghe e relative politiche, risalente appunto al 1998, non si può che definire utopistica (sempre per usare un elegante eufemismo): a distanza di tutto questo tempo e nonostante tutte le risorse investite in questa battaglia contro i mulini a vento, il mondo senza droghe che invocava a gran voce Arlacchi resta una remota fantasia (al contrario, gli stupefacenti sono più che popolari, economici e facilmente accessibili che mai — ed è la stessaONU a prendere atto della continua crescita del consumo illegale di sostanze). In compenso, la guerra alle droghe ha portato al dilagare di incarcerazioni di massa e esecuzioni capitali nonché alla diffusione dell’AIDS, permesso alle organizzazioni criminali e terroristiche di tutto il mondo di garantirsi una preziosa fonte di finanziamento (come riconosciuto dallo stesso UNODC!) e garantito ai governi mondiali una comoda giustificazione per comprimere le nostre libertà fondamentali e diritti civili (come ci spiegava benissimo Annie Machon in una recente intervista e come dimostra chiaramente l’Alternative World Drug Report di Count the Costs).

Questo ha portato a una definitiva rottura dell’unanimismo proibizionista ed alcuni paesi hanno iniziato percorsi alternativi basati sulla decriminalizzazione — è il caso del Portogallo, che ha reso penalmente irrilevante il consumo di qualsiasi sostanza stupefacente già nel 2001 — o sulla legalizzazione e regolamentazione (vedasi il coraggioso esperimento svizzero con la prescrizione dell’eroina e la legalizzazione della cannabis inColorado, a Washington e in Uruguay). Tutte esperienze che hanno portato ottimi risultati in termine di riduzione del danno nonché incentivato in maniera significativa le economie locali. 

C’è poi un’altra novità significativa: a #UNGASS2016 sono stati coinvolti anche soggetti esterni al solito giro delle agenzie ONU sulle droghe (che invece, dal canto loro, continuano ostinatamente a non smuoversi dalle proprie paradossali posizioni proibizioniste).
Più precisamente, nei lavori preparatori sono stati coinvolti innanzitutto anche altri organismi delle Nazioni Unite — dal Comitato sui Diritti Umani all’UNAIDS e l’UNDP — che hanno preso nettamente posizione contro la guerra alle droghe e invocato l’adozione di politiche decriminilizzatorie. In altre parole? Il consenso sulla guerra alle droghe è irrecuperabilmente rotto, a tutti i livelli — non solo tra gli stati che compongono l’organizzazione, ma anche all’interno delle stesse Nazioni Unite.

Inoltre per la prima volta si è tentato di garantire una effettiva partecipazione della società civile, allargando la rappresentazione della stessa alla tematizzazione dell’evento tramite la costituzione di una “Civil Society Task Force”. Certo, la questione del coinvolgimento delle organizzazioni non governative non è (affatto) risolta ed ha posto problemi significativi nel contesto dei lavori preparatori: il documento con cui si aprirà #UNGASS2016 è stato infatti interamente negoziato a Vienna, sotto il controllo della CND, spazio in cui la rappresentanza della società civile è significativamente ridotta (come ci spiegava Steve Rolles, Senior Policy Advisor della fondazione inglese Transform, in una recente intervista). Ma questa è comunque la prima volta che la Sessione Speciale sulle droghe accoglie al suo interno una pluralità di voci.

Tutti questi fattori hanno fatto sì che ci sia davvero grande aspettativa intorno a #UNGASS2016 come momento di radicale ripensamento delle politiche sulle droghe.

4. Ma quindi cosa possiamo aspettarci da #UNGASS2016?

Insomma, le premesse ci sarebbero tutte: è oramai innegabile il fallimento della guerra alle droghe, i cui insostenibili costi umani sono stati messi neri su bianco troppe volte per continuare a essere ignorati; sono sempre più numerose e diffuse nel mondo le esperienze positive di decriminalizzazione e legalizzazione; si respira un’aria nuova persino negli uffici delle Nazioni Unite, con importanti prese di posizioni contro le politiche proibizioniste (una a caso: la guerra alle droghe nuoce gravemente alla salute, parola del Relatore speciale).

Ciononostante, è improbabile che a #UNGASS2016 si arrivi a riformare in maniera significativa le attuali politiche in materia di droghe. Il documento finale prodotto dalla CND nel suo speciale segmento preparatorio per la sessione speciale non promette davvero niente di buono (mancando completamente di prese di posizione sulle cruciali tematiche della pena di morte e della riduzione del danno) ed è altamente improbabile che il testo venga rinegoziato dall’Assemblea Generale.
In altre parole, come antipatoci da Steve Rolles, è davvero difficile che l’esito di #UNGASS2016 sia un reale progresso rispetto allo status quo. Non bisogna però nemmeno essere eccessivamente pessimisti — come ci ricorda il Guardian, le voci pro-riforma stanno diventando sempre più forti e la Sessione Speciale è in realtà solo una tappa del percorso: è quindi essenziale continuare a ragionare sul lungo termine e sfruttare al massimo #UNGASS2016 come una preziosa occasione per imporre la tematica all’attenzione dell’opinione pubblica.
Perché sulle droghe si deve e si può cambiare verso.

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