Desaparecidos, processo Plan Condor: 8 ergastoli

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Dopo quasi 20 anni arriva a sentenza il processo Plan Condor

La sentenza del processo Condor della III Corte di Assise di Roma condanna 8 dei 27 imputati, ex militari e civili inseriti dentro le strutture amministrative e poliziesche del Piano Condor.

Il Piano Condor (noto anche come Plan Condor o Operación Condor) è l’accordo tra le intelligence delle dittature militari sudamericane finalizzata alla sparizione di persone, che vide coinvolti, nei decenni ’70 e ’80, i governi di Cile, Paraguay, Uruguay, Brasile, Bolivia e Argentina.

Il processo nasce dalle denunce dei familiari delle vittime, 43 desaparecidos argentini, cileni e uruguaiani, di origine italiana, e vede una prima sentenza oggi, a 18 anni dall’inizio delle indagini, partite nel 1999.

“La sentenza arrivata oggi – dichiara Patrizio Gonnella, presidente della Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili – fa giustizia a metà per i tanti desaparecidos vittime delle dittature sudamericane di quel periodo, ma aggiunge un nuovo elemento alla verità storica che, a volte con grande fatica, è stata fatta su quanto accadde”.

Questo processo individua infatti un reato associativo transnazionale, concentrandosi infatti proprio sul coordinamento criminale tra le diverse intelligence latinoamericane. Finora la giustizia nei diversi paesi aveva processato – eventualmente condannando – soprattutto gli esecutori materiali, ma senza mai riuscire a individuare il nesso causale politico ed il coordinamento tra le diverse dittature. Tra i condannati anche Luis Garcia Meza Tejada, ex presidente della Bolivia, Francisco Morales Cerruti Bermudez, ex presidente del Perù, e Pedro Richter Prada, ex primo ministro del Perù.

Giustizia per i desaparecidos

Gli archivi del Piano Condor ritrovati in Paraguay nel 1992 riportano come bilancio della repressione 50.000 persone assassinate, 30.000 scomparse (desaparecidos) e 400.000 incarcerate.

 

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“Un motivo di orgoglio – continua Gonnella – è dato dal fatto che alcune organizzazioni presenti in CILD abbiano avuto un ruolo determinante in questo processo. Tra queste in particolare Progetto Diritti, i cui avvocati fin dall’inizio hanno raccolto le denunce sugli scomparsi e rappresentato alcune delle parti civili durante le indagini e tutto il dibattimento. E che continueranno a chiedere giustizia”.

Pur nella parziale delusione, “l’esito dimostra l’importanza di aver tenuto questo processo, perché si è riconosciuta l’esistenza del piano Condor condannando i vertici dei diversi regimi politici ma anche perché abbiamo fatto rivivere tante storie di persone che sono scomparse e che meritavano di essere ricordate” spiega Arturo Salerni, uno degli avvocati di parte civile, nonché avvocato di Progetto Diritti.

Il Processo Condor ha potuto essere instaurato in Italia in virtù della legge che consente allo Stato italiano di processare anche in contumacia i presunti responsabili di crimini contro l’umanità compiuti all’estero nei confronti di cittadini italiani. Ricopre un grande valore, non solo giuridico, ma anche politico: è infatti il secondo in assoluto nel mondo, dopo quello in Argentina, a occuparsi esplicitamente degli intrecci repressivi dei regimi del Cono Sur, nella persecuzione, sequestro, l’interscambio e la sparizione degli oppositori oltre i confini nazionali negli anni ‘70 e ‘80.

Il reato contestato era quello di omicidio plurimo aggravato. L’assenza di una normativa riguardante i reati di “desaparición” e il trentennale ritardo nell’approvare il delitto di tortura, non ha consentito di procedere anche in tal senso.

Gli imputati erano 33 e per loro il PM Tiziana Cugini aveva chiesto 27 ergastoli e 1 assoluzione (alcuni degli imputati sono morti nel corso del processo). Unico imputato non in contumacia (anch’egli assolto) Jorge Nestor Troccoli, ex ufficiale della marina dell’Uruguay, anch’egli cittadino italiano e residente in Italia.

Salerni annuncia l’intenzione di tornare sulle accuse a Troccoli in sede di appello: “Abbiamo raggiunto su numerosi casi la prova della sua presenza nella pianificazione del sequestro e del massacro di tantissime persone. Credo che in appello avremo giustizia anche su questo caso”.

Nel processo si sono costituiti parte civile anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri italiana e lo Stato dell’Uruguay, assieme a partiti, sindacati e associazioni di familiari da Uruguay, Cile e Bolivia, e alle Regioni Emilia Romagna e Calabria.