Ancora in carcere Patrick Zaky, prigioniero di coscienza

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ALTRI 45 GIORNI DI DETENZIONE PREVENTIVA PER PATRICK ZAKY, PRIGIONIERO DI COSCIENZA

A distanza di cinque mesi dal suo arresto in Egitto, Patrick Zaky si trova ancora in carcere. 

Il 13 luglio il tribunale egiziano ha infatti disposto il rinnovo della detenzione preventiva per il giovane attivista accusato di reati di opinione e detenuto nel carcere di Tora, al Cairo.

“L’ultima volta che Patrick si è presentato davanti all’accusa o alla magistratura è stato il 7 marzo 2020, in quanto negli ultimi quattro mesi il rinnovo della sua detenzione è stato costantemente rinviato e la sua detenzione è stata rinnovata senza la sua presenza”, fanno sapere gli attivisti della rete “Patrick Libero”.

Nei mesi scorsi infatti a causa della pandemia legata al diffondersi del Coronavirus non si sono più avute notizie delle sue condizioni di salute, fino a quando il giovane studente ha potuto inviare ai propri familiari una lettera dal carcere:
“Cari, sto bene e in buona salute, spero che anche voi siate al sicuro e stiate bene. Famiglia, amici, amici di lavoro e dell’università di Bologna, mi mancate tanto, più di quanto io possa esprimere in poche parole. Spero che stiate tutti bene e che il Corona non abbia colpito nessuno dei nostri cari […]Un giorno sarò libero e tornerò alla normalità, e ancora meglio di prima”

Necessario intervento delle autorità

Nonostante il lockdown non si sono fermate le iniziative di solidarietà per il giovane studente, al quale il Comune di Bologna ha dato la cittadinanza onoraria, riconoscendo nella sua figura i valori della  libertà di studio, di pensiero e di libertà alla partecipazione pubblica, gravemente compromesse dal governo autoritario di Al- Sisi.

È necessario che il giovane attivista sia liberato il prima possibile, in quanto “prigioniero di coscienza”,  accusato di un delitto di opinione in un paese che non assicura libertà civile e politica come l’Egitto: 

“Uno Stato democratico come il nostro non può permettersi, salvo contraddire la propria natura, di ignorare una così palese violazione dei diritti umani avvenuta a scapito di un giovane che aveva scelto il nostro Paese e la nostra Università di Bologna per formarsi. L’Egitto è un Paese insicuro, e come tale va considerato” – scrive Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone, auspicando l’intervento dell’Avvocatura dello Stato a tutela della libertà d’opinione:

“Sarebbe di grande rilievo, anche simbolico, se lo Stato italiano, in qualche modo, coinvolgesse la propria Avvocatura al fine di ottenere il risultato della sua pronta liberazione. Non si tratta, infatti, di una questione che riguarda i soli familiari di Zaky, bensì interessa tutti noi. Ne va della credibilità di un Paese, come il nostro, che prima ospita studenti stranieri, e poi non si occupa fino in fondo della loro integrità psico-fisica. In tempi altrettanto rapidi sarebbe importante che l’Ambasciatore italiano chieda alle autorità egiziane di consentire una video-telefonata del nostro Ministro degli Esteri e del Rettore di Bologna con il giovane detenuto, per assicurarsi delle sue condizioni di salute psico-fisiche nonché fargli sentire la vicinanza delle nostre istituzioni. E in quella telefonata sarebbe bello se gli fosse preannunciata la concessione della cittadinanza italiana”.