Parlamento UE: voto su stop a esportazioni di sorveglianza verso i regimi
(comunicato congiunto)
Unione Europea: il Parlamento Europeo deve votare per fermare l’esportazione di apparecchiature di sorveglianza verso i governi che violano i diritti umani
Domani il voto del Parlamento Europeo potrebbe fermare l’esportazione di pericolosi strumenti di sorveglianza verso governi che violano i diritti umani, secondo una coalizione di organizzazioni non governative.
Il voto, che verterà sul regime di controllo da parte dell’Unione Europea delle esportazioni degli strumenti a doppio uso, ossia di quegli strumenti che vengono utilizzati sia per scopi civili che militari, rappresenta un importante passo verso la protezione di giornalisti, dissidenti e difensori dei diritti umani in tutto il mondo dalle violazioni dei diritti umani causate dalle tecnologie di sorveglianza prodotte negli Stati europei.
“Queste nuove regole dovrebbero impedire l’esportazione di dispositivi di sorveglianza verso Paesi dove alto è il rischio che tali strumenti siano utilizzati a danno di giornalisti, attivisti e di tutti coloro che si battono per la difesa dei diritti. Loro hanno imparato come sia difficile affidarsi ai governi europei quando è necessario dare priorità ai diritti umani rispetto agli interessi economici”, ha affermato Nele Meyer, Senior Executive Officer di Amnesty International.
Nel 2017 è stato rivelato che la BAE Systems, la più grande azienda di produzione di armi del Regno Unito, ha esportato sistemi di sorveglianza di Internet in grado di realizzare una sorveglianza di massa in quei Paesi dove la violazione dei diritti umani è diffusa, come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, il Qatar, l’Oman, il Marocco e l’Algeria. Se i cambiamenti apportati dal Parlamento Europeo saranno confermati dal Consiglio Europeo, tali esportazioni non saranno più possibili quando si valuti che possono portare a gravi violazioni dei diritti umani.
“L’Unione Europea deve prendere una ferma posizione in difesa della libertà di informazione. I giornalisti non devono essere spiati nè arrestati con l’aiuto di queste tecnologie “a doppio uso”, che producono un effetto devastante anche sui giornalisti e sulle loro fonti, alimentando la preoccupazione in merito alla sicurezza delle loro comunicazioni e scoraggiando così lo scambio di informazioni” ha detto Elodie Vialle, Head of Journalism and Technology desk at Reporters Without Borders (RSF).
La proposta del Parlamento Europeo richiederebbe agli Stati membri di rifiutare le richieste di licenza qualora l’esportazione di una tecnologia di sorveglianza possa verosimilmente condurre a gravi violazioni dei diritti umani. Alle Autorità sarà richiesto di considerare il sistema legale che regola l’uso di qualsiasi sistema di sorveglianza nel Paese verso cui sarebbe diretta l’esportazione e di definire l’impatto che tale esportazione avrebbe sul diritto alla privacy, alla conservazione dei dati, sulla libertà di parola, di riunione ed associazione.
Le nuove misure, dirette a una maggiore trasparenza, richiederanno, inoltre, agli Stati membri di registrare e di rendere pubblici i dati delle licenze relativi alle esportazioni approvate e a quelle negate, così da permettere a democratici organismi di controllo, individui, società civile e giornalisti di venire a conoscenza degli scambi globali riservati in materia di tecnologie di sorveglianza.
“La vendita di dispositivi di sorveglianza da parte di Stati membri dell’Unione Europea che permettono a regimi autoritari di rafforzare il loro oppressivo arsenale è da considerare una routine. Il ricorso alla trasparenza e a un sistema informato ai diritti umani sono elementi necessari per migliorare il grado di responsabilità ed aumentare lo scrutinio pubblico su queste pratiche” ha sottolineato Maddalena Neglia, Direttrice dell’Ufficio Globalizzazione e Diritti Umani presso FIDH.
Tali misure includono anche un nuovo elenco di tecnologie che richiedono autorizzazioni all’esportazione – il che colloca la lista dell’Unione Europea in prima linea rispetto ad analoghi organismi internazionali di controllo sulle esportazioni – e maggiori obblighi in capo agli esportatori di agire con le dovute verifiche quando si tratta di diritti umani. In termini ancora più significativi, la proposta riconosce l’imprescindibile necessità di proteggere la ricerca nel campo della sicurezza informatica e tecnologica dall’ambito del controllo, e l’importanza di rimuovere i controlli vigenti sull’esportazione della crittografia. Tuttavia, le negoziazioni con le Autorità degli Stati membri sono quelle che determineranno in che misura questi obiettivi verranno poi raggiunti.
Al momento, sebbene gli Stati Membri possano già tenere da conto i diritti umani nel sistema vigente, i dati mostrano che danno priorità ad altre considerazioni e che hanno approvato la maggior parte delle esportazioni. E’ perciò cruciale assicurare che i criteri finali di valutazione delle licenze basati sui diritti umani siano chiari, vincolanti e applicati uniformemente in tutta Europa.
“L’attuale sistema fallisce nel non tenere in adeguata considerazione il diritto alla privacy degli utenti e la libertà di espressione. Una situazione inaccettabile che tradisce i difensori dei diritti umani e i giornalisti in tutto il mondo”, ha affermato Lucie Krahulcova, Policy Analyst presso Access Now.
“Come può l’Unione Europea condannare fortemente l’intimidazione contro i giornalisti, quando ancora continua a fornire gli strumenti che facilitano i governi repressivi nel mettere in atto queste repressioni? Ora è giunto il momento di porre fine a questi messaggi contrastanti. In accordo con le linee guida sui diritti umani e sulla libertà di espressione online e offline, l’Unione Europea deve assumere un ruolo guida a livello mondiale adottando tutte le misure possibili per proteggere questi diritti fondamentali e comunicando chiaramente questi standard nel dialogo con tutti i governi” secondo Tom Gibson, Rappresentante europeo di CPJ.
“Le tecnologie di sorveglianza vendute dalle compagnie europee mettono in pericolo la libertà di espressione e le vite degli attivisti, difensori dei diritti umani e di tutti i cittadini, con tragiche conseguenze. Noi abbiamo bisogno di trasparenza da parte degli Stati Membri in merito a queste pratiche e che i dati sulle licenze che riguardano le esportazioni siano disponibili pubblicamente” ha affermato Antonella Napolitano, Coordinatrice del Programma Libertà civili nell’era digitale presso la Coalizione italiana Libertà e Diritti civili.
Access Now
Amnesty International
Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili (CILD)
Committee to Protect Journalists
Fédération internationale des ligues des droits de l’Homme (FIDH)
Privacy International
Reporters without Borders
Casi ed esempi
Nell 2017 le inchieste dei media hanno dimostrato che:
- Le autorità del Regno Unito hanno approvato l’esportazione di apparecchiature per l’intercettazione delle comunicazioni al Ministero degli Interni in Macedonia nel 2012, quando una agenzia per la sicurezza sotto il suo comando era coinvolta nella sorveglianza illegale di circa 20.000 persone (Computer Weekly).
- Su oltre 330 richieste di licenze di esportazione per tecnologia di sorveglianza controllata rivolte a 17 Autorità europee dal 2014, 317 sono state accolte e solo 14 sono state rigettate; 11 Stati membri, inclusi Francia ed Italia, rifiutano di rendere disponibili al pubblico i dati relativi alle licenze, ciò significando che l’attuale numero di apparecchiature di sorveglianza per le quali è stato concessa l’esportazione risulta in realtà essere significativamente maggiore (The Correspondent).
- BAE Systems, la più grande azienda di produzione di armi del Regno Unito, esporta sistemi di sorveglianza di Internet controllati in grado di effettuare pratiche di sorveglianza di massa in quei Paesi in cui i diritti umani sono comunemente violati, inclusi Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Oman, Marocco e Algeria (BBC e Dagbladet Information).
- L’Italia ha approvato e successivamente revocato una licenza di esportazione in Egitto di un sistema di sorveglianza di Internet (Il Fatto Quotidiano).
- Una compagnia francese esporta simili sistemi di sorveglianza in Egitto e ha ricevuto altre 9 autorizzazioni per l’esportazione nel 2016 (Telerama).
- Alcune compagnie con sede in Italia sono state riprese mentre si dichiaravano disponibili ad aggirare le normative esistenti in materia di esportazione per vendere tecnologia di sorveglianza a potenziali clienti in tutto il mondo, inclusi in quei Paesi che sono soggetti a misure restrittive da parte dell’Unione Europea. (Al Jazeera).
Ulteriori informazioni
Alcune informazioni sul commercio globale della tecnologia di sorveglianza sono diventate di dominio pubblico durante la Primavera Araba, quando si scoprì che numerose agenzie di sicurezza nella regione stavano usando sistemi di sorveglianza esportati da Paesi membri dell’Unione Europea.
Nel 2011, la Commissione pubblicò un Libro Verde nel quale veniva riconosciuta la necessità di aggiornare la normativa riguardante gli strumenti a doppio uso così da riflettere gli avanzamenti tecnologici e già nel 2013 per la prima volta fu riconosciuta la volontà degli attori interessati di inserire nel campo di applicazione della normativa “l’uso degli strumenti di intercettazione e di monitoraggio” o “cyber-strumenti”.
La Commissione concluse, sulla base di un’ampia valutazione di impatto e di una pubblica consultazione, che “le tecnologie di cybersorveglianza presentano applicazioni legittime e regolamentate per le forze dell’ordine, ma sono anche utilizzate per la repressione interna da parte di governi autoritari o repressivi per infiltrare i sistemi informatici di dissidenti e attivisti dei diritti umani, portandoli a volte alla prigione o addirittura alla morte”.
La Commissione ha infine pubblicato nel settembre 2016 una successiva proposta di modernizzazione dell’infrastruttura europea di controllo delle esportazioni. Se da un lato la proposta presenta alcuni miglioramenti rispetto al regime attuale, dall’altro lato richiede ulteriori e significativi modifiche per assicurare che sia posto in essere quanto potenzialmente possibile per proteggere i diritti umani.
Nel novembre 2017, sono stati accolti alcuni emendamenti alla proposta all’interno della Commissione sul Commercio internazionale, responsabile di relazionare poi al Parlamento europeo. Gli emendamenti proposti saranno discussi dalla Commissione, dal Parlamento e dagli Stati membri nel Trilogo (una serie di incontri a tre riservati che avranno lo scopo di raggiungere una posizione di compromesso). Una volta che gli Stati membri e il Parlamento saranno d’accordo sugli emendamenti, questi diventeranno vincolanti in tutta l’Unione Europea.
Nel maggio 2017, una coalizione di organizzazioni non governative ha pubblicato una breve analisi della proposta della Commissione.