Egitto partner ineludibile. E i diritti umani?
Dal 14 settembre l’ambasciatore italiano è tornato al Cairo. “L’Egitto è un partner ineludibile del nostro paese” ha dichiarato il ministro degli Esteri Alfano durante l’audizione parlamentare nella quale era chiamato a motivare la decisione del governo di rimandare il proprio rappresentante diplomatico in quel paese dal quale era stato ritirato un anno e mezzo prima. Nell’aprile del 2016 infatti l’Italia decise di ritirare il proprio ambasciatore a seguito della mancata collaborazione giudiziaria dell’Egitto nel caso che riguarda il rapimento, le torture e l’uccisione di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano che si trovava nel paese per uno studio sui sindacati indipendenti egiziani.
Come era lecito aspettarsi, l’audizione del ministro degli Esteri si è soffermata esclusivamente sui rapporti giudiziari nel caso Regeni. Un’occasione persa per discutere invece delle costanti violazioni dei diritti umani in corso in Egitto e delle decine di episodi di sparizioni forzate e torture che le Organizzazioni Non Governative hanno documentato ai danni degli oppositori del regime di Al-Sisi.
L’ultimo caso: Ibrahim Metwaly
L’ultimo caso è quello di Ibrahim Metwaly, avvocato per i diritti umani e co-fondatore del gruppo delle “Famiglie degli scomparsi in Egitto”: Metwaly è stato arrestato proprio nei giorni in cui il nostro ambasciatore rientrava al Cairo, mentre era all’aeroporto per recarsi ad un incontro del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate e involontarie dal quale era stato convocato per parlare della situazione del suo paese.
Metwaly è il padre di uno dei primi desaparecidos dell’era al-Sisi: Amr, scomparso l’8 luglio 2013. Da allora, lo ha cercato invano nelle stazioni di polizia, nelle prigioni, negli ospedali, negli obitori. L’avvocato, da quanto si è appreso, sarebbe accusato di vari reati tra cui l’aver collaborato con entità straniere per sovvertire l’ordine costituzionale in Egitto e aver creato gruppi di persone per sovvertire il governo di Al Sisi.
Secondo quanto dichiarato al Fatto Quotidiano da Mohammed Lotfy, direttore dell’ECRF (Egyptian Commission For Rights and Freedom), nei due giorni in cui non si avevano sue notizie, l’avvocato sarebbe stato torturato con l’elettroshock. Una pratica, quelle delle torture, che in Egitto sarebbe ampiamente diffusa, come denunciato dal recente rapporto di Human Rights Watch. Secondo Joe Stork, vice-direttore in Medio Oriente dell’organizzazione, “il presidente al-Sisi ha di fatto dato il via libera a polizia e funzionari della Sicurezza nazionale di ricorrere alla tortura in qualunque momento essi vogliano” e “l’impunità per l’uso sistematico di tortura ha lasciato i cittadini senza alcuna speranza di poter ottenere giustizia.”
Torture in Egitto: il rapporto di Human Rights Watch
Per costruire questo rapporto HRW ha intervistato 19 ex-detenuti e la famiglia di un ventesimo detenuto, torturati tra il 2014 e il 2016, oltre ad avvocati egiziani di difesa e per i diritti umani. Ha inoltre studiato decine di rapporti sulla tortura realizzati da gruppi egiziani per i diritti umani e da organi d’informazione.
Da queste ricerche è emerso come le forze di sicurezza, e in particolare i funzionari dell’Agenzia di Sicurezza nazionale -che fa capo al ministero dell’interno – facciano ricorso alla tortura per forzare i sospetti a confessare o condividere informazioni, oppure per punirli.
Le tecniche di tortura documentate da Human Rights Watch sono state praticate in stazioni di polizia e uffici della Sicurezza nazionale in tutto il Paese, con l’uso di metodi praticamente identici, per molti anni.
In particolare gli ex-detenuti hanno potuto offrire un quadro più dettagliato sulle torture alle quali sono sottoposti.
Queste inizierebbero con i funzionari di sicurezza che danno scosse elettriche a un sospetto bendato, spogliato e ammanettato, mentre viene schiaffeggiato, preso a pugni e picchiato con bastoni e spranghe di ferro.
Se il sospetto non riesce a dare ai funzionari le risposte che vogliono sentire, questi aumentano la potenza e la durata delle scosse elettriche, che sono quasi sempre sui genitali. In seguito, le persone verrebbero poste in due tipi di posizioni con lo scopo di infliggere dolore lancinante. In un caso vengono sospesi dall’alto con le braccia alzate e all’indietro, una posizione innaturale che causa un dolore straziante alla schiena e alle spalle, e a volte ne provoca la lussazione. La seconda posizione viene invece chiamata “pollo” o “griglia” poiché le ginocchia e le braccia del sospetto vengono messe su lati opposti di un’asta così che questa stia tra le pieghe dei gomiti e il retro delle ginocchia. Infine le mani vengono legate sopra gli stinchi. Quando i funzionari sollevano l’asta, sospendendo il sospetto per aria, proprio come un pollo allo spiedo, questi soffre di un dolore atroce a spalle, ginocchia e braccia.
Mentre sono in queste posizioni i sospetti continuano ad essere picchiati, sottoposti a scariche elettriche ed interrogati.
Le torture, tuttavia, sono solo una parte della macchina repressiva messa in piedi da Al-Sisi dopo il colpo di stato militare del 2013. Da allora infatti le autorità egiziane – come riporta sempre Human Rights Watch – hanno arrestato o accusato non meno di 60 mila persone, fatto sparire con la forza centinaia di persone per mesi, pronunciato condanne a morte preliminari per centinaia di persone, processato migliaia di civili in tribunali militari, e creato almeno 19 nuove prigioni per contenere questo flusso.
Gravi abusi sono stati registrati dall’Ong anche per la raccolta di informazioni su sospetti dissidenti e per la raccolta di prove, spesso inventate, ai loro danni.
“La serie – si legge sul sito di HRW – ha inizio con l’arresto arbitrario, prosegue con torture e interrogatori durante il periodo di sparizione forzata, e si conclude con la presentazione dei sospetti di fronte alla pubblica accusa, che fa spesso pressione su di loro affinché confermino le confessioni rese, e non indaga quasi mai sugli abusi”.
A seguito della pubblicazione di questo rapporto il ministero degli Esteri egiziano ha accusato Human Rights Watch di portare avanti agende politiche straniere oscurando il sito dell’organizzazione.
L’Egitto con il quale l’Italia ha un “rapporto ineludibile” è oggi anche questo e l’Italia dovrebbe decidere se contano più gli interessi economici e commerciali o il rispetto dei diritti umani.